Gesù
Cristo
non
predicava una penitenza esteriore,
come
quella dei farisei,
ma voleva
che l’anima si pentisse,
si
umiliasse, riparasse,
e si
presentasse al cospetto di Dio
pura,
fiduciosa, umile
e
confidente, vivendo una vita nuova.
La
penitenza corporale, del resto,
non è
tale se non in quanto produce
o aiuta a
produrre gli atti interni.
Un rigore
tutto materiale
è
fachirismo, non è amore;
l’anima
non punisce il corpo
per
mostrare in esso
una forza
di resistenza fisica,
ma per
contenerlo nei limiti,
aprire
libero il varco allo spirito;
non lo
priva di un cibo per severità,
ma perché
sia minore
il
frastuono dei sensi,
non lo
percuote per sadismo,
ma per
scuotere attraverso la pena
il
torpore spirituale,
e per
unirsi alla Passione di Gesù Cristo;
non gli
inibisce la comunicazione
col mondo
per mancanza di gentilezza,
ma
proprio per non rendersi scortese
col suo
Signore.
La
penitenza è purificazione,
ordine,
disciplina dello spirito
che
produce nell’anima
e nel
medesimo tratto esterno
una
soavità gentilissima,
facendo,
per così dire,
affiorare
sul corpo stesso
la
luminosità interiore.
Don
Dolindo Ruotolo
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