Interrogai sul mio Dio
la mole dell’universo,
e mi rispose:
"Non sono io,
ma è lui che mi fece".
Interrogai la terra,
e mi rispose:
"Non sono io";
la medesima confessione
fecero tutte le cose
che si trovano in essa.
Interrogai il mare, i suoi abissi
e i rettili con anime vive;
e mi risposero:
"Non siamo noi il tuo Dio;
cerca sopra di noi".
Interrogai i soffi dell’aria,
e tutto il mondo aereo
con i suoi abitanti mi rispose:
"Erra Anassimene,
io non sono Dio".
Interrogai il cielo,
il sole, la luna,
le stelle:
"Neppure noi siamo
il Dio che cerchi",
rispondono.
E dissi a tutti gli esseri
che circondano le porte
del mio corpo:
"Parlatemi del mio Dio;
se non lo siete voi,
ditemi qualcosa di lui":
ed essi esclamarono
a gran voce:
"È lui che ci fece".
Le mie domande
erano la mia contemplazione;
le loro risposte,
la loro bellezza.
Allora mi rivolsi a me stesso.
Mi chiesi: "Tu, chi sei?";
e risposi: "Un uomo".
Dunque,
eccomi fornito
di un corpo e di un’anima,
l’uno esteriore, l’altra interiore.
A quali dei due chiedere del mio Dio,
già cercato col corpo
dalla terra fino al cielo,
fino a dove potei inviare messaggeri,
i raggi dei miei occhi?
Più prezioso l’elemento interiore.
A lui tutti i messaggeri
del corpo riferivano,
come a chi governi e giudichi,
le risposte del cielo
e della terra
e di tutte le cose là esistenti,
concordi nel dire:
"Non siamo noi Dio",
e: "È lui che ci fece".
L’uomo interiore
apprese queste cose
con l’ausilio dell’esteriore;
io, l’interiore,
le ho apprese, io,
io, lo spirito,
per mezzo dei sensi
del mio corpo.
( da Le Confessioni di S.
Agostino)