Impariamo ad avere una
carità delicata per chi soffre,
non lo rimproveriamo
neppure delle sue colpe
quando ha l'anima
esacerbata, non gli ricordiamo
i castighi che lo
hanno colpito.
Stimiamoci sempre
peggiori degli altri,
non cadiamo nella
volgarità ributtante
di rinfacciare i torti
ricevuti,
le debolezze del
carattere, l'ignoranza,
l'inesperienza, la
mancanza di educazione.
Non ci eleviamo mai a maestri
innanzi a chi soffre,
ma mostriamoci
piuttosto come servi,
pronti
ad ogni ufficio di
carità;
non mostriamo di
disistimare
chi è colpito dalla
sventura,
ancorché fosse colpito
per sua colpa;
imitiamo la carità di
Gesù Cristo
che non solo riabilita
il peccatore,
ma lo arricchisce, gli
mostra un amore
più grande di quello
che porta
ai giusti medesimi, lo
riguarda
come sua parte
prediletta, come unico scopo
della sua
Incarnazione.
Nel parlare non trascendiamo mai in volgarità,
non insultiamo, non
gridiamo, poiché
chi vuoi veramente far
del bene
ad un povero peccatore
sofferente non può
e non deve
amareggiarlo, ma deve lenire
le piaghe con la
carità di Gesù Cristo.
Non
usiamo mai un parlare subdolo, acre,
velenoso,
sospettoso, pieno d'insinuazioni,
palliandolo
con lo zelo, con la pietà,
col
rispetto dovuto a Dio, perché la pietà
avvelenata
dall'ira, dall'invidia,
dalla
vendetta e dal risentimento
è
al cuore più amara del fiele,
e
serve solo a generare il disgusto
per
tutto quello che è santo.
Se veramente amiamo il bene di un peccatore,
preghiamo
per lui, sacrifichiamoci,
umiliamoci,
consoliamolo
e
facciamogli sentire riflessa nella nostra vita
la
bontà e la carità del Signore.
Servo di Dio Dolindo Ruotolo
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