Noi
non ci atteniamo mai al tempo presente.
Anticipiamo
il futuro come troppo lento a venire,
come
per affrettarne il corso;
oppure
ricordiamo il passato per fermarlo
come
troppo rapido; così imprudenti
che
erriamo nei tempi che non sono nostri,
e non
pensiamo affatto al solo che ci appartiene,
e
così vani, che riflettiamo su quelli
che
non sono più nulla,
e
fuggiamo senza riflettere quel solo che esiste.
Il
fatto è che il presente, di solito, ci ferisce.
Lo
dissimuliamo alla nostra vista
perché
ci affligge;
se
invece per noi è piacevole,
rimpiangiamo
di vederlo fuggire.
Tentiamo
di sostenerlo per mezzo dell'avvenire,
e ci
preoccupiamo di disporre le cose
che
non sono in nostro potere, per un tempo
al
quale non siamo affatto sicuri di arrivare.
Ciascuno esamini i propri pensieri:
li
troverà sempre tutti occupati dal passato
e dal
futuro.
Il
presente non è mai il nostro fine:
il
passato ed il presente sono i nostri mezzi,
solamente
il futuro è il nostro fine.
In
questo modo non viviamo mai,
ma speriamo
di vivere; e,
disponendoci
sempre ad essere felici,
è
inevitabile che non lo siamo mai.
(Blaise Pascal, Pensieri
(n.172))
***
...e Qoelet ci ricorda che:
“Per ogni cosa c'è il suo momento,
il suo tempo
per ogni faccenda sotto il cielo.”
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