mercoledì 14 marzo 2018

Non rinfacciare i torti ricevuti



Impariamo ad avere una carità delicata per chi soffre,
non lo rimproveriamo neppure delle sue colpe
quando ha l'anima esacerbata, non gli ricordiamo
i castighi che lo hanno colpito.

Stimiamoci sempre peggiori degli altri,
non cadiamo nella volgarità ributtante
di rinfacciare i torti ricevuti,
le debolezze del carattere, l'ignoranza,
l'inesperienza, la mancanza di educazione.

Non ci eleviamo mai a maestri
innanzi a chi soffre, ma mostriamoci
piuttosto come servi, pronti
ad ogni ufficio di carità;
non mostriamo di disistimare
chi è colpito dalla sventura,
ancorché fosse colpito per sua colpa;
imitiamo la carità di Gesù Cristo
che non solo riabilita il peccatore,
ma lo arricchisce, gli mostra un amore
più grande di quello che porta
ai giusti medesimi, lo riguarda
come sua parte prediletta, come unico scopo
della sua Incarnazione.

Nel parlare non trascendiamo mai in volgarità,
non insultiamo, non gridiamo, poiché
chi vuoi veramente far del bene
ad un povero peccatore sofferente non può
e non deve amareggiarlo, ma deve lenire
le piaghe con la carità di Gesù Cristo.

Non usiamo mai un parlare subdolo, acre,
velenoso, sospettoso, pieno d'insinuazioni,
palliandolo con lo zelo, con la pietà,
col rispetto dovuto a Dio, perché la pietà
avvelenata dall'ira, dall'invidia,
dalla vendetta e dal risentimento
è al cuore più amara del fiele,
e serve solo a generare il disgusto
per tutto quello che è santo.

Se veramente amiamo il bene di un peccatore,
preghiamo per lui, sacrifichiamoci,
umiliamoci, consoliamolo
e facciamogli sentire riflessa nella nostra vita
la bontà e la carità del Signore.


Servo di Dio Dolindo Ruotolo


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